Quasi ogni giorno leggo articoli (sarò sincera, a volte mi limito ai titoli) che mi spiegano come pubblicare con successo sui social oppure come scrivere dei post accattivanti.
Che due palle starete pensando voi, concordo, ma proprio ieri la mia amica Lara ha portato alla mia scarsa attenzione le parole di un “santone” della comunicazione sui social, il signor Rudy Bandiera, noto anche per essere riuscito a farsi regalare una macchina grazie al suo potere di influencer (etchù).
Bon, il signor Bandiera esordisce con un titolo: il teorema unificato dei social network, cosa scrivere e come. Sotto la foto di quattro ragazze che sorridono guardando lo smartphone (tipica immagine da para guru). Ma detto ciò, l’articolo si conclude con il seguente concetto: basta regole pre confezionate, ho finalmente capito che sui social dobbiamo esprimere noi stessi a 360 gradi, esattamente come facciamo nella vita.
Rileggendo il suo testo ho notato che rispetto ad una partenza in cui l’equazione era:
“se segui le mie regole allora avrai successo”
la sua linea si è poi assestata a semplici consigli per l’uso, senza garantire nulla (l’engagement signora mia non è più quello di una volta).
Il mio primo pensiero è stato: azz, la gente ha davvero bisogno di sentirsi dire cosa scrivere sui social network?
Quindi un dubbio galattico: se il segreto del successo (perché diciamocelo, chi leggerebbe un intero tuo post se non pensasse di trovare spunti per assicurarsi un centinaio di like almeno) è essere se stessi, allora come mai la maggior parte della gente che incontro sui social, pur se è se stessa, mi annoia a morte?
Forse perché è statisticamente impossibile immaginare di poter essere tutti bravi comunicatori, ovvero dotati di quel particolare talento che ti consente di suscitare emozioni nel prossimo?
Ma il signor Bandiera è bravo, perché lui ci anticipa, a lettere cubitali, che l’unica certezza quando posti qualcosa è quella di ricevere una critica, perché la critica è una pratica in cui l’essere umano da sempre eccelle.
Lo ammiro, non è facile far passare per una “nuova teoria” qualcosa di noto fin dai tempi dei tempi.
Per caso, proprio in questi giorni sto leggendo un libro in cui si afferma che il desiderio di approvazione, e quindi la ricerca del like, sia un comprovato motivo di infelicità.
Così mi son detta, perché invece di tentare di avere successo sui social, noi non cerchiamo di essere più felici nella vita, iniziando, per esempio, con il volerci bene e accettarci per quel che siamo, che poi è il primo passo per riuscire a sdoganarci dal bisogno di basare l’immagine che abbiamo di noi dal conteggio degli altrui mi piace.
Noi siamo noi, unici ed irripetibili, e chissene frega dei social o dei like, tanto quelli ti arrivano anche se pubblichi la foto di un gattino o scrivi un articolo come quello del Signor Bandiera, quindi…
PS speriamo che inventino presto il vaccino contro l’influencer
Hai ragione. Per l’influenza ti suggerisco la regola delle 3 elle.
Lana, letto e latte!
questo libro che stai leggendo, di chi è, che mi hai incuriosita? 🙂
Ciao Giovanna, in realtà rileggendo, “Le vostre zone erronee”.
grazie! 🙂
Prego! Oh, non è il libro della vita (mi hanno già fatto notare usando un’altra espressione), però mi piacciono certe sue affermazioni.
Ah, le vostre zone erronee è uno dei miei libri preferiti! No dai, preferiti no, ma l’ho letto qualche anno fa. Bel post, decontestualizzato il soggetto (io) ma bel post. Davvero.
Rudy, grazie, molto gentile. Quel libro non è tra i miei preferiti, non entra nemmeno tra i miei cinquanta preferiti, però siccome a volte perdo il punto delle situazioni, schematizzare mi aiuta, o almeno io credo, ecco, sto di nuovo perdendo il punto, comunque non credo che potrei seguire alla lettera i consigli di nessuno, preferisco sbagliare da sola.