Da un paio di mesi, circa, ho deciso di smettere di mangiare carne (e pure pesce, che poi è carne, tranne le vongole, che come è noto fanno categoria a sé).
I motivi son molti, intanto non è che fossi una che la chianina tutte le sere, al limite la milanese, quella sì mi mancherà; poi il pensiero infantil/ottimistico per cui se tutti mangiassimo meno carne, magari smetterebbero di imbottire di stupefacenti gli animali per trasformarli in incredibili Hulk da macello.
Quindi la presa di coscienza del fatto che la pancetta non nasca sugli alberi, ma che per potermi ingurgitare una carbonara, dovrà essere ammazzato un maiale.
La mia è una decisione abbastanza definitiva, ma sufficientemente liquida da prevedere degli inciampi lungo il cammino (le vongole); di certo non proverò a convincere nessuno, non son quel tipo di persona che abbraccia una filosofia e poi rompe i coglioni fino a quando ti tocca bloccarla su whatsapp.
Detto ciò, quel che vorrei comprendere è perché le parole: io non mangio carne, stimolino nelle genti un’espressione che sarebbe più coerente con la mia confessione di essere un’extraterrestre inviata da Vega per colonizzare il pianeta terra.
Ogni volta un piccolo scatto, impossibile non notarlo, un mezzo secondo di vuoto tra la mia affermazione e la formulazione di un’osservazione o di una risposta, peraltro non necessaria.
Fanculo ho pensato subito, poi mi son ricordata di aver frequentato per tanti anni persone che, intolleranti (non allergiche) al glutine, si preparavano il pane in casa, mangiavano pasta di farro che sembrava il cartone delle scatole per i traslochi e sceglievano detersivi alternativi seguendo rigidamente una lista che conteneva cosa sì e cosa no, manco fosse questione di vita o di morte.
Va ammesso che alla rivelazione: son intollerante e quindi…, ricordo di aver assunto un’espressione coerente la confessione di cui sopra, a cui era certamente seguito il pensiero: son scemi!
Il fatto inconfutabile era che a livello razionale lo sapevamo noi e lo sapevano loro che un pezzo di focaccia non li avrebbe uccisi né fatti ammalare, e che trattasi più di un voler credere che.
Quindi perché se nel tuo voler credere che non mi rompi le palle, questo dovrebbe diventare un mio problema? Perché l’istinto è quello di attaccarti, anche solo con un’espressione del viso?
Penso dipenda dal fatto che, pur se inconsapevolmente, noi siamo parte di un insieme (che chiameremo il grande hashtag), e se qualcuno facente parte del grande hashtag modifica il suo l’ordinario, in qualche modo modificherà il mio.
Un piccolo scatto impossibile da ignorare, non sufficiente per intaccare le certezze eterne, ma abbastanza importante da creare un’invisibile incrinatura nel muro di credenze involontariamente edificato fin dal tempo dei tempi.
L’esperienza ci ha insegnato che i muri, per quanto impenetrabili, non ci proteggono mai del tutto, e la sensazione di salvezza che ne ricaviamo, potrà apparire gradevole, ma contribuirà (nel lungo periodo) a renderci rigidi. Difficoltoso quindi adattarci ai cambiamenti, o accettare le diversità svelate dall’altro, che era così facile immaginare identico a me, e invece no.
Per noi, uomini e donne del grande hashtag, le modifiche al sistema son ardue da digerire, ecco perché sarebbe bello se, invece di fanculare quelli che palesemente non ci riescono (altrimenti detti razzisti), provassimo a pensare a quante volte quell’espressione da “eccone un altro che arriva da Vega” è apparsa sulla nostra di faccia; vi anticipo che ne ricaverete un’immediata sensazione di disagio, che potrà apparirvi sgradevole, ma vi aiuterà a sopravvivere in un mondo che (non dite che ve l’ho detto) continua a muoversi anche se non ce ne accorgiamo.
PS che poi lo sanno tutti: gli extraterrestri che arrivano da Vega sono i vegani.
Molto interessante , complimenti ….
Grazie, è un mio pensiero, magari ho scritto una tavanata galattica!